FAMIGLIA CRISTIANA
26 dicembre 1999

CIRANO FIUTA IL SUCCESSO E PUNTA SU PATRONI GRIFFI
Una regia di gran nome e interpreti azzeccati a partire dal protagonista, per la nuova messa in scena della commedia di Rostand

di Carlo Maria Pensa

Tirata giù dai polverosi scaffali dell'oblio, è riapparsa la storia dolce-agra del Cirano di Bergerac, scritta centotré anni fa da Edmond Rostand e alla quale hanno dato fama e prestigio i nomi di famosi interpreti. Vista e rivista, dunque, ma se una volta lo spropositato naso che Rostand attribuisce a Hector-Savinien Cyrano de Bergerac, poeta e spadaccino, realmente esistito nella prima metà del '600, potè farci riflettere sul consapevole tormento di un "diverso", oggi che di diversi, in tutti i sensi, è pieno il mondo, nel personaggio ritroviamo, semmai, qualcos'altro di aspramente attuale: ed è quel suo empito di libertà, quel suo rifiuto ad accettare compromessi e condizionamenti (fuorchè nell'amore, ahilui).
La lunga serie dei "no grazie" da lui sfoderata, come una spada lucente, quando un amico tenta di convincerlo che, tutto sommato, cercare la protezione dei potenti non è poi un delitto, ha il significato di un messaggio umiliante per la sterminata coorte di coloro i quali tendono ad assicurarsi, con una tessera di partito, un santo patrono.
Con il suo piramidale naso, Cirano fiuta la propria libertà e, naturalmente, va incontro a un destino di solitudine e di morte, sognando, come sognò il Cyrano vero, un allora impossibile viaggio sulla Luna; e cogliendo soltanto nel momento del trapasso la disperata soddisfazione di apprendere che Rossana, senza saperlo, aveva sempre amato lui e non Cristiano, bellissimo babbeo morto in guerra poco dopo le nozze, al quale l'intrepido proboscidato, aveva suggerito i modi e le parole dell'amore.
Se si eccettua questa affermazione di umana dignità, tutto il resto della "commedia eroica" ha suono di rottame, dal bacio che è «un apostrofo rosa tra le parole t'amo», ai cadetti di Guascogna «occhio d'aquila e gambe di cicogna»: con tante grazie alla ormai storica traduzione di Mario Giobbe, alla quale qualcuno tentò di sostituirne un'altra, ma con esito fallimentare.
Rottame, sia pure, ma tuttora molto gradito al pubblico, che infatti acclama Sebastiano Lo Monaco, tipo d'attore che mai avremmo immaginato nei panni (anzi sotto il naso) di Cirano. Visto il risultato è chiaro che sbagliavamo; come del resto sbagliavamo a immaginare impensabile una regia di Giuseppe Patroni Griffi.
Tutto per il meglio, dunque, anche se nessuno può impedirci di essere un poco perplessi. Nell'elogio generale trovano spazio, naturalmente, con Aldo Terlizzi per le scene e gli ineccepibili costumi, Marina Biondi, una Rossana dalle giuste trepidazioni, Robert Madison, daniele Pecci, Fabio Rusca, Claudio Mazzenga. Nominarli tutti è impossibile, sono tanti quanti dovevano essere, suppergiù, i cadetti di Guascogna.

Carlo Maria Pensa

Milano, 26-12-1999