GENTE
9 dicembre 1999

UN POETICO CIRANO IN SCENA A MILANO

di Gastone Geron

Dopo una trilogia pirandelliana che l'ha consacrato tra gli interpreti più significativi della cosiddetta generazione di mezzo, l'inquieto e arrembante Sebastiano Lo Monaco ha voluto cambiare completamente registro lasciandosi alle spalle i problematici personaggi del drammaturgo agrigentino per cimentarsi, ancora una volta, con la regia di Giuseppe Patroni Griffi in quella grandiosa macchina di spettacolo che è il Cirano di Bergerac di Edmond Rostand (1868-1918)arrivato al NUOVO di Milano (dal 30 novembre al 12 Dicembre) dopo l'esordio stagionale a Trento e destinato a una lunga tournée, fino a metà aprile, in alcune delle maggiori "piazze" italiane.
Trenta attori in palcoscenico, una decina di tecnici "in quinta" o al tavolo luci, centoventi costumi, ingegnose soluzioni scenografiche per i frequenti mutamenti ambientali, il Cirano prodotto da SiciliaTeatro ha innanzitutto il merito di avere conservato fedeltà ai fioriti versi martelliani dell'ormai classica traduzione "fine secolo" di Mario Giobbe, che rimanda con contagiosa freschezza l'empito fluente degli alessandrini originari.
Ma la regia penetrante di Giuseppe Patroni Griffi ha soprattutto pienamente restituito il clima eroico e romantico in cui s'incornicia la pienezza del sentimento amoroso dell'imprevedibile poeta-spadaccino realmente vissuto all'epoca di Molière e liberamente tratto dall'oblio dal fantasioso Rostand.
Quando il sipario si alza su una folla di nobili e plebei, cavalieri e borghesi, soldatacci e straccioni che premono all'ingresso di un teatro già si evidenzia lo sviluppo corale di una vicenda che l'inventivo scenografo e costumista Aldo Terlizzi ha immesso in un aerea cornice di "trasparenti", facilitanti oltre tutto i rapidi cambiamenti di scena, particolarmente suggestivi nella seconda parte quando l'azione si sposta su un campo di battaglia.
A correlarsi appieno con il disegno registico di Patroni Griffi sono inoltre i temerari accostamenti cromatici utilizzati da Terlizzi per abiti, tendaggi, drappi in cui l'aggancio seicentesco è risvoltato in un futurismo metafisico.
Il signore di Bergerac dal naso spropositato e deforme che non ha il coraggio di esternare il suo amore alla bella cugina Rossana è reso da Sebastiano Lo Monaco con l'empito passionale del mostro condannato all'emarginazione nei confronti dell'universo femminile. La spada infallibile e spietata di Cirano che non tollera allusioni alla sua "proboscide" risparmia soltanto l'aitante Cristiano, raccomandatogli da Rossana, invaghitasi del prestante cadetto di Guascogna. La fatale cugina è una colta e raffinata "preçieuse", ovvero una dama avvezza ai preziosismi, appunto, di una società salottiera dove il gioco della reciproca attrazione va condotto con adeguata maestria letteraria. Di qui la decisione dell'inibito Cirano di dar voce al rivale in modo da vivere almeno per interposta persona il brivido dell'accensione sentimentale.
Sebastiano Lo Monaco, capace di trascorrere dallo slancio acrobatico al ripiegamento dolente, dalla prepotenza vitale al risvolto autodistruttivo, svetta su tutti nei vibranti monologhi che costituiscono altrettante romanze di un opera lirica. Irresistibile negli slanci della mortificata giovinezza del suo eroe, Lo Monaco è infine toccante nel conclusivo ritratto dell'ormai morente Cirano per l'ultima volta in visita al convento in cui Rossana si è rinchiusa dopo la morte dell'idolatrato Cristiano, offertosi al fuoco nemico avendo scoperto che la sua bella sposa non era innamorata di lui ma dell'autore delle innumeri lettere quotidianamente fatte pervenire dal campo di battaglia. Alla vincente prova di attore del protagonista fa riscontro l'altrettanto meritoria resa interpretativa con cui Marina Biondi scolpisce una Rossana riscattata dalla convenzione della pupattola per rivivere nella pienezza della carnalità, attratta dalla virile bellezza del giovane cadetto di Guascogna ma conquistata nell'intimo dalla pienezza d'amore dell'infelice cugino. Figlio di un famoso attore americano, Robert Madison ha gli adeguati mezzi fisici ed espressivi per impersonare il "fusto" incapace di infiorettare i suoi sentimenti elementari, mentre Daniele Pecci si compenetra appieno negli intrighi e negli slanci dell'aristocratico De Guiche e per contrasto fabio Rusca ripega nella stolidità del pasticciere Raguenau rovinato dalla dispendiosa munificenza nei confronti di qualsiasi poeta o sedicente tale.

Milano 9-12-1999
Gastone Geron