13 Luglio 1999

Ha debuttato alla Versiliana il nuovo lavoro di Patroni Griffi con scene e costumi firmati da Aldo Terlizzi

E il romantico Cirano diventa un eroe moderno

di Francesco Tei

Marina di Pietrasanta,

Non è un Seicento vero, si dice, quello del Cyrano messo in scena da Giuseppe Patroni Griffi con i costumi e le scene di Aldo Terlizzi; ma un Seicento visto attraverso gli occhi di un’epoca lontana – il fine ’800 in cui visse Rostand, l’autore del dramma dedicato al nasuto spadaccino- e deformato, quindi, in senso "teatrale", e non realistico, trasfigurato in chiave fantastica, pittoresca. Volutamente sovraccarico, acceso di colori e di rumori, in squarci improbabili che sanno di cartapesta fra gli estremi di una dose di voluta anche se controllata cialtroneria e di citazioni pittoriche immaginose, in qualche modo pure, affascinanti (pensiamo ai vestiti di Rossana nei primi due atti).

Tuttavia, nello spettacolo che ha debuttato sul palco de La Versiliana, all’atmosfera da ribalta teatrale concitata, affollata, un po’ sbracata del primo atto – dove c’è un che di volontariamente sgangherato e posticcio – Terlizzi affianca la spettacolarità suggestiva, di magistrale e raffinata qualità "realistica", dell’atto dell’assedio (il quarto dell’originale), effettivamente di grande bellezza, di una efficacia e nitidezza di ricostruzione quasi …cinematografica. Indugiamo sull’aspetto visivo di questo Cyrano perché si ha a tratti l’impressione che sia proprio Terlizzi il vero autore dello spettacolo, o quanto meno lui affiancato a un Patroni Griffi più attento alla riambientazione scenografica che a una rilettura del testo. Intendiamoci, non è che la regia in senso stretto di queste tre ore (abbondanti) di Rostand non abbia - ben visibili già alla prima – molti e non trascurabili meriti: e così l’interpretazione, più che all’altezza, di Sebastiano Lo Monaco nei panni del protagonista. Tra questi meriti c’è la dimostrazione pratica di come sia ancora pienamente utilizzabile, con taglio e con ritmo moderni, la traduzione d’epoca di Mario Giobbe ritenuta sorpassata e "da baci perugina" (nelle sue parti amorose). Basta saper affrontare il verso, e ogni sapore eccessivamente demodé si perde, o quasi. Lo Monaco è un Cirano che non ha paura di puntare, senza freno, sul drammatico, senza escludere il patetico ne gli effetti primattoriali più romantici. Da Don Chisciotte sofferente, tragico, conscio del suo destino oscuro. Di ottima qualità alcuni attori di contorno, da Robert Madison (Cristiano) a Claudio Mazzenga (Le Bret). Marina Biondi convince, come Rossana, soprattutto nella pacata tristezza dell’ultima parte.