13 Luglio 1999


Leggero, un Cyrano di Bergerac formato vaudeville da Patroni Griffi

Una divertente versione del capolavoro alla Versiliana Lo Monaco efficace protagonista


Domenico Rigotti



Di fronte alla vitalità di certi lavori teatrali non ci sono riserve che tengano, tanto più poi che la Storia sembra davvero giustificare tutto. Così è di Cyrano di Bergerac. Era il giugno 1897 - 102 anni fa, per l'esattezza - quando Coquelin, celebre attore, portava in scena per la prima volta a Parigi, al popolare Théàtre de la Porte Saint Martin, lo spadaccino-poeta di Edmond Rostand e apriva la strada a un caso teatrale forse unico. Chi ricorda infatti un altro dramma sistematicamente demolito dalla critica?
Per Cyrano è stato un secolo di stroncature ma anche di caldissimi successi. E moltissimi, l'elenco è noto, anche in casa nostra. Buon ultimo questo che ci arriva dalla Versiliana di Marina di Pietrasanta che, appunto, con lo pseudo capolavoro di Rostand ha inaugurato il suo Festival estivo e dove a mettere in scena con fantasia, e certo anche divertendosi alquanto, è stato Giuseppe Patroni Griffi. Così ancora oggi il personaggio se ne sta lì intoccabile nella sua bella nicchia di cartapesta, decorato (è il termine) dai suoi famosi monologhi, e in specie quello della variazione sul naso del protagonista, aureolato da una finta classicità.
Già, finta classicità. E proprio su questo fa leva la rilettura, a tratti molto spiritosa, quando non strafottente, del regista napoletano. Emotivamente, certo, Patroni Griffi parteggia anche lui per il personaggio e per la storia d'amore che vede il nostro eroe innamorato della bella Rossana e generosamente disposto a prestare ad altri, cioè al bel Cristiano, le proprie eloquenze in amore, ma subito anche riconosce che siamo all'artificio teatrale, al falso d'autore. E allora eccolo a sforzarsi di levare ai densi e colorati cinque atti la loro patina retorica per conferire ad essi una sorta di brio, di leggerezza quasi da «vaudeville». Anche però spalmandovi sopra la biacca pesante e grottesca di quel teatro «pompier» tanto caro al pubblico del tempo in cui «Cyrano» venne scritto.
Recuperando con qualche licenza la vecchia e ineffabile traduzione in alessandrini di Mario Giobbe, non si può dire che il regista non riesca a far veleggiare lo spettacolo verso lidi amabili e piacevoli; soprattutto popolandolo di gustose trovate. E tra di esse quel finalino in cui vediamo il nostro nasuto protagonista ascendere al cielo, in viaggio verso l'Olimpo degli eroi. Ma prima ancora, e più ironica ecco, al terz'atto, la scena del balcone tutta giocata tra il fumettistico e il verso al décor Liberty dove Rossana e Cristiano sembrano diventare le controfigure di Mélisand e di Pélleas. Tutto è giocosamente scorrevole, anche se poi tre ore di durata appaiono un po' troppe.
Doveroso anche aggiungere come nella sua operazione, Patroni Griffi è anche ben aiutato dal fedele Aldo Terlizzi che da bravo scenografo colloca lo spettacolo in uno spazio volutamente finto, artificioso. Un «day after» del teatro di ieri. E ancor meglio forse Terlizzi riesce con i chiassosi, squillanti costumi. Dai colori che volentieri rimandano a quel blu, rosso e bianco che sono i colori del tricolore francese. Ma
Cyrano della Francia non è forse un monumento al pari della Tour Eiffel?
È sulle spalle di Sebastiano Lo Monaco che pesa il ruolo del protagonista. La prova è faticosa ma ben superata, anche se qualche battuta, per ora, esce all'attore in falsetto, l'acuto smorzandoglisi in gola. E forse un po' più d'autoironia gioverebbe al personaggio. Sono pure da citare Robert Madison (Cristiano) e la fulgente e venusta Marina Biondi che ben coglie la vacuità di Rossana. Bene anche Claudio Mazzenga quale Le Bret. Più anonimi gli altri. Più che appagato il pubblico che ha accolto con largo favore.

Domenico Rigotti